Vediamo come è possibile prevenirne la carenza con una dieta varia ed equilibrata

I folati rappresentano la forma della vitamina B9 naturalmente presente in molti alimenti. Viceversa, l’acido folico è un prodotto di sintesi, ovvero un composto ottenuto in laboratorio attraverso una serie di reazioni chimiche. I due termini quindi, sebbene spesso utilizzati come sinonimi, non vanno confusi, anche perché l’acido folico, rispetto ai folati, è dotato di una stabilità e una biodisponibilità significativamente maggiori. Tali caratteristiche lo rendono adatto all’uso nei supplementi vitaminici e nei cosiddetti alimenti fortificati.

Intervenendo in una serie di reazioni di importanza cruciale per l’organismo umano, i folati giocano un ruolo fondamentale:

  • nella salute delle cellule caratterizzate da intensi processi di crescita e divisione cellulare, come i globuli rossi, le cellule di pelle e capelli, le cellule della mucosa gastrointestinale e, soprattutto, le cellule dell’embrione e del feto in via di sviluppo;
  • nel funzionamento del sistema nervoso centrale e periferico;
  • nella regolazione dei livelli di omocisteina, un amminoacido il cui aumento è associato a malattie di varia natura.

Un deficit di folati può manifestarsi con:

  • anemia (diminuzione dei livelli di emoglobina, la proteina responsabile del trasporto dell’ossigeno ai vari organi e tessuti): le manifestazioni possono essere debolezza, stanchezza, difficoltà di concentrazione, irritabilità, mal di testa, palpitazioni, affanno;
  • alterazioni di pelle, capelli e unghie;
  • disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, dolore addominale, diarrea, mancanza di appetito e perdita di peso).

Soprattutto, una carenza di acido folico durante la gravidanza (e particolarmente nel periodo compreso tra il concepimento e l’ottava-dodicesima settimana di gestazione) può comportare alterazioni nello sviluppo dell’embrione e del feto.

Una dieta è equilibrata quando apporta le quantità di nutrienti – proteine, carboidrati, grassi, vitamine, sali minerali e acqua – necessarie per preservare la salute e il benessere dell’organismo. Tali quantità sono chiamate fabbisogno di nutrienti.

Per fabbisogno medio si intende la quantità di un nutriente nella dieta atta a soddisfare il fabbisogno giornaliero di metà dei soggetti all’interno di una popolazione sana.

Altri concetti importanti sono:

  • l’assunzione di riferimento per una data popolazione, ovvero l’apporto di un nutriente che presumibilmente soddisfa il fabbisogno di quasi tutti i soggetti all’interno di una popolazione sana;
  • l’assunzione adeguata, ovvero il livello medio di un nutriente assunto giornalmente da una popolazione sana e presumibilmente adeguato a soddisfare il fabbisogno di tale popolazione. Si tratta di una raccomandazione nutrizionale che viene utilizzata quando non si dispone di informazioni sufficienti al calcolo del fabbisogno medio;
  • l’intervallo di riferimento per l’assunzione di macronutrienti, ossia il range di macronutrienti che consente un adeguato apporto dei singoli nutrienti.

Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia (LARN) è un termine onnicomprensivo che ingloba questi quattro valori nutrizionali.

Per quanto riguarda i folati, i LARN possono essere espressi in due modi:

  • come folati equivalenti
  • come folati totali

Quello dei folati equivalenti è un concetto introdotto per tenere conto della diversa biodisponibilità dei folati naturalmente presenti nel cibo rispetto all’acido folico di sintesi contenuto negli integratori alimentari e negli alimenti fortificati. In ambito nutrizionale, per biodisponibilità si intende la frazione di un nutriente disponibile per l’assorbimento a livello intestinale in condizioni fisiologiche normali.

Una serie di studi ha dimostrato che, mentre l’acido folico presente negli integratori alimentari viene totalmente assorbito, la biodisponibilità dell’acido folico aggiunto agli alimenti fortificati e, soprattutto, quella dei folati provenienti da fonti alimentari, è solo parziale. Il Dietary Folate Equivalent (equivalente dietetico di folato) è stato appunto sviluppato alla luce di questi dati.

I LARN così espressi, sono stati elaborati a partire dal 2009 dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) su mandato della Commissione europea: variano in base all’età e sono inoltre diversi per la donna in gravidanza o che allatta.

Negli ultimi anni, la validità del concetto di folati equivalenti è stata messa in discussione, poiché alcuni studi a lungo termine hanno dimostrato che una dieta ricca di folati è in grado di aumentare i livelli dei folati e ridurre i livelli di omocisteina con la stessa efficacia dei supplementi vitaminici. Ciò spiega perché i LARN adottati in Italia a partire dal 2014 vengono espressi in termini di folati totali. In sostanza, si riconosce ai folati presenti negli alimenti un valore pari a quello del supplemento vitaminico, anche al fine di promuovere una corretta assunzione di folati da fonti naturali, limitando l’uso degli integratori alimentari a particolari situazioni (per esempio, diete ipocaloriche, anziani con problemi di cattiva nutrizione, alcolisti, pazienti con sindromi da malassorbimento), compresa la gravidanza.

Le cause principali di deficit di folati sono:

  • l’abuso di alcol: le persone che soffrono di un disturbo da abuso di alcol spesso consumano diete inadeguate a soddisfare i fabbisogni nutrizionali. Inoltre, l’alcol interferisce con l’assorbimento e la captazione epatica dei folati, ne accelera la degradazione e ne aumenta l’escrezione renale;
  • la gravidanza e l’allattamento, condizioni che, come detto, comportano un aumento del fabbisogno di folati, rispettivamente per sostenere la crescita del nascituro e per reintegrare le quantità perse dalla madre con il latte;
  • condizioni di diminuito assorbimento, da patologie quali celiachia, malattia infiammatoria intestinale, altre sindromi da malassorbimento, o da concomitante assunzione di farmaci che interferiscono con l’assimilazione dei folati a livello intestinale;
  • la presenza di una variante genetica in un gene coinvolto nel metabolismo dei folati. Questa variante è presente in omozigosi (ovvero, su entrambe le copie del gene) in circa il 10% delle persone di etnia caucasica.

È possibile soddisfare l’apporto giornaliero consigliato di folati con la sola dieta? In linea generale, uno schema alimentare vario ed equilibrato garantisce l’introduzione di una quantità adeguata di folati rispetto agli introiti raccomandati. Si ricorda che una dieta è:

  • varia, quando consiste nella combinazione di alimenti con caratteristiche nutrizionali differenti;
  • equilibrata, quando fornisce una quantità sufficiente di tutti i nutrienti indispensabili per il corretto funzionamento e la salute dell’organismo.

Nel 2010, la dieta mediterranea è stata dichiarata dall’UNESCO “patrimonio immateriale dell’umanità”. Nel mondo scientifico è considerata un modello alimentare vario, bilanciato ed appetibile, di notevole importanza nella prevenzione primaria e secondaria di tutte le malattie correlate all’alimentazione. La dieta mediterranea presenta le seguenti caratteristiche:

  • elevato consumo di frutta e verdura, legumi, cereali, pesce e frutta secca;
  • moderato consumo di latte e derivati, carni e salumi;
  • modesto consumo di vino durante i pasti;
  • abitudine al consumo di olio extra vergine di oliva come condimento.

Nel soggetto sano e in condizioni fisiologiche, un’alimentazione come quella mediterranea può riuscire a coprire il fabbisogno giornaliero di folati. Tra gli alimenti più ricchi in folati rientrano infatti:

  • le verdure, in particolare asparagi, cime di rapa, rape rosse, bieta, indivia, broccoli e spinaci;
  • i legumi, in particolare lenticchie, soia, fagioli e ceci;
  • la frutta, soprattutto agrumi, kiwi, fragole e alcuni frutti tropicali (avocado, papaya);
  • i cereali, in particolare farro e avena, che presentano contenuti in folati mediamente più elevati rispetto ai cereali raffinati di pane, pasta e riso;
  • gli pseudocereali, come amaranto e quinoa;
  • la frutta secca (noci, mandorle, nocciole), i semi di girasole e il germe di grano, il cui consumo giornaliero va tuttavia limitato in ragione dell’elevato contenuto calorico.

Discorso a parte meritano gli alimenti di origine animale: il fegato (soprattutto fegato di pollo) e altre frattaglie, alcuni tipi di formaggi e le uova hanno contenuti in folati da buoni a elevati, ma vanno consumati in porzioni limitate e con moderazione e possono addirittura essere sconsigliati in determinati periodi della vita (è il caso dell’assoluta controindicazione al consumo di frattaglie in gravidanza).

Infine, il lievito di birra ha un contenuto molto elevato di folati, ma più che un alimento può essere considerato un integratore naturale, da consumare in piccole quantità.

Nella preparazione degli alimenti, è necessario tenere presente che i folati sono vitamine idrosolubili e instabili al calore, pertanto il loro contenuto può variare a seconda della tecnica di cottura. In particolare, per gli alimenti di origine vegetale:

  • la bollitura comporta la perdita di parte del contenuto in folati, a seconda della quantità d’acqua utilizzata e del tempo di bollitura;
  • la cottura al vapore è tra le tecniche più consigliate, consente di preservare quasi tutto il contenuto dei folati;
  • il sottovuoto è la cottura che garantisce la maggior ritenzione di folati;
  • la cottura al forno e la frittura mantengono una parte dei folati.

In generale, si raccomandano cotture brevi, con poca acqua, soprattutto al vapore e sottovuoto.

I folati contenuti negli alimenti di origine animale sono invece più stabili al calore, anche dopo cotture prolungate; l’uovo, ad esempio, mantiene quasi tutto il suo contenuto in folati sia dopo frittura che dopo bollitura.

Anche la conservazione dei cibi porta a un’inevitabile degradazione e perdita di nutrienti, soprattutto per quanto riguarda gli alimenti vegetali.

La fortificazione (o arricchimento) è il processo attraverso il quale un nutriente dotato di effetti benefici sulla salute viene aggiunto a un prodotto alimentare per migliorarne la qualità nutrizionale e aumentarne l’assunzione nella popolazione. La fortificazione può quindi contrastare l’assunzione inadeguata di determinati nutrienti, pur nel rispetto dei modelli dietetici tradizionali.

Questa strategia è regolata dalla legislazione comunitaria, che, tra le altre cose:

  • definisce i limiti consentiti dei nutrienti da addizionare;
  • impone l’apposizione sulle confezioni dei prodotti delle relative tabelle nutrizionali;
  • vieta l’arricchimento di prodotti non trasformati (in particolare frutta e verdura, carne, pollame e pesce) e di bevande alcoliche.

Sul mercato italiano esistono vari tipi di prodotti fortificati con acido folico, in particolare cereali integrali, biscotti, fette biscottate, pasta integrale, succhi di frutta, barrette e snack, yogurt e molti prodotti per la prima infanzia.

In tutti i Paesi europei, la fortificazione degli alimenti è volontaria, ovvero dipende dalla libera scelta di un’azienda alimentare di aggiungere un nutriente a un prodotto o una linea di prodotti. Si tratta di una strategia prudenziale, adottata per tenere conto del rischio di un’assunzione eccessiva del nutriente in alcune sottopopolazioni, come anziani e bambini.

Un eccesso di folati è stato infatti associato ad alcuni rischi per la salute, tra cui:

  • il mascheramento di un altro deficit vitaminico, la carenza di vitamina B12, che può causare danni neurologici se non trattata tempestivamente;
  • l’accumulo nel siero di acido folico non metabolizzato, che è stato correlato a un aumento del rischio di svariate condizioni patologiche, sebbene le evidenze disponibili siano conflittuali;
  • reazioni di ipersensibilità (rare).

Oltre a quelli già descritti, i LARN includono pertanto un altro parametro, il livello massimo tollerabile di assunzione, ossia la quantità massima di un nutriente che può essere consumata in sicurezza per un lungo periodo di tempo. Per i folati, i livelli massimi sono stati definiti in relazione all’acido folico sintetico, in quanto non vi è alcuna evidenza di rischi associati a un elevato consumo di folato a origine da fonti naturali.